sabato 20 febbraio 2010

Come si diventa figli di Dio... fidandosi di Lui e abbandonandosi alla sua volontà!

Anche quest'anno proviamo a percorrere insieme un cammino quaresimale col Vangelo della domenica.

Facendoci condurre per mano dal Signore impareremo a diventare più uomini.

Il Vangelo di Luca è un lungo pellegrinaggio che Gesù compie da Nazareth a Gerusalemme; un cammino che diventa metafora per la nostra vita; in Gesù tutti siamo invitati a riconoscere l’uomo vero, che ha condiviso la nostra umanità insegnandoci l’arte di rimanere fedeli a Dio nel momento della prova e ad affidarci come bimbi fra le sue braccia.

Il racconto delle tentazioni è inserito fra il racconto del Battesimo di Gesù e l’inizio del Suo ministero pubblico, ed è preceduto dalla genealogia che giunge a Lui partendo da Adamo. L’invito è quello a contemplare Gesù Figlio in cui il Padre si compiace; è Lui l’uomo nuovo che è venuto a fare nuove tutte le cose e dare inizio a una nuova umanità che può chiamare Dio, Padre!

Gesù ci insegna cosa significa essere figli di Dio, liberamente sceglie di obbedire a Dio e di rimanere fedele al Suo sogno su ciascuno di noi.

Lasciandosi lavorare dalla Volontà del Padre e completamente mosso dall’azione dello Spirito Santo va nel deserto, luogo in cui nessuno di noi può fuggire a se stesso. Nel silenzio del deserto, li dove occorre abbandonare ogni fronzolo per poter sopravvivere scopriamo di non essere auto sufficienti, impariamo ad abbandonarci a Dio, oppure cadiamo nella tentazione di fare di noi stessi il dio della nostra vita. La prima via anche se ci segna profondamente ci permette di sopravvivere, la seconda inevitabilmente, invece, ci fa morire.

Quaranta, il numero che accompagna questo tempo ci riporta al tempo dell’Esodo e alla fatica d’Israele a riconoscere Dio, Signore della sua vita. Il deserto allora diventa tempo in cui si impara a diventare persone libere che possono stare con la schiena dritta, figli che chiamano il loro Dio, Papà!

Le tentazioni: il possesso – il potere – autosufficienza; questa la radice di ogni peccato che ci rende schiavi di noi stessi; a Satana che lo mette alla prova, Gesù risponde con la fiducia e l’obbedienza al Padre; di fronte alla richiesta di spettacolarità con cui il diavolo vuole indurre Gesù a inaugurare il Regno di Dio, Lui risponde con l’umiltà della sua Passione vera ed unica via alla Resurrezione.

mercoledì 27 gennaio 2010

giorno della memoria: sfida alla fraternità


Porrajmos in lingua rom significa letteralmente divoramento.
Questo è stato l'olocausto, che diventa ancora più mostruoso quando si cerca di dimenticare.
Ma oggi più che mai, in un contesto dove la diversità fa paura, invece che accoglierla come ricchezza di cui prendersi cura, dobbiamo dirci francamente che l'olocausto si può ripetere!
La giornata della memoria è allora l'occasione per impegnarsi a riconoscere gli altri come fratelli! iniziando da chi ci sta affianco; il giorno della memoria è la sfida per la nostra vita a riconoscere la gli altri come ricchezza.

Io voglio ricordare l'olocausto degli zingari, quello più dimenticato: Durante la seconda guerra mondiale vennero uccisi oltre 500.000 zingari, vittime del nazionalsocialismo e dei suoi folli progetti di dominazione razziale. La storia dello sterminio degli zingari è una storia dimenticata e offesa dalla mancanza di attenzione di storici e studiosi: ancora oggi la documentazione risulta frammentaria e la relazione dei fatti lacunosa. Eppure l'argomento dovrebbe suscitare interesse anche solo per il fatto che la persecuzione degli zingari in epoca nazista risulta essere l'unica, ovviamente con quella ebraica, dettata da motivazioni esclusivamente razziali: proprio come gli ebrei, infatti, gli zingari furono perseguitati e uccisi in quanto " razza inferiore" destinata, secondo l'aberrante ideologia nazionalsocialista, non alla sudditanza e alla servitú al Terzo Reich, ma alla morte. Ma proprio questo è il nodo centrale del problema. Per molto tempo dopo la guerra, infatti, lo sterminio nazista degli zigani non è stato riconosciuto come razziale ma lo si è considerato conseguenza - in un certo senso anche ovvia - di quelle misure di prevenzione della criminalità che, naturalmente, si acuiscono in tempo di guerra. Una tesi che trova fondamento nella definizione di " asociali" con la quale, almeno nei primi anni del potere hitleriano, gli zingari vengono indicati nei vari ordini e decreti che li riguardano. Come sappiamo, però, la terminologia nazista non è sempre esplicativa dei fatti: in questo caso il termine " asociale" viene usato per indicare coloro che, per diverse ragioni, non sono integrabili o omologabili col nuovo ordine nazionalsocialista.
In realtà, gli zingari furono perseguitati, imprigionati, seviziati, sterilizzati, utilizzati per esperimenti medici, gasati nelle camere a gas dei campi di sterminio, perché zingari e, secondo l'ideologia nazista, " razza inferiore" , indegna di esistere. Gli zingari erano geneticamente ladri, truffatori, nomadi: la causa della loro pericolosità era nel loro sangue, che precede sempre i comportamenti. (Giovanna Boursier, in Zigeuner, lo sterminio dimenticato, Sinnos editrice)

venerdì 22 gennaio 2010

Fra le braccia di un Papà speciale


Un papà speciale come Dio non ci abbandona mai, imapariamo ad abbandonarci fra le sue braccia e lasciamogli fare in noi cose grandi. Quando soffriamo, ci rimane accanto apriamogli il cuore e avvertiremo la Sua presenza che ci consola!




Ho sognato che camminavo

in riva al mare con il mio Signore

e rivedevo sullo schermo del cielo

tutti i giorni della mia vita passata.


E per ogni giorno trascorso

apparivano sulla sabbia due orme,

le mie e quelle del Signore.


Ma in alcuni tratti ho visto una sola orma,

proprio nei giorni

più difficili della mia vita.

Allora ho detto: «Signore

io ho scelto di vivere con te

e tu mi avevi promesso

che saresti stato sempre con me.

Perché mi hai lasciato solo

proprio nei momenti più difficili?».

E Lui mi ha risposto:


«Figlio, tu lo sai che io ti amo

e non ti ho abbandonato mai:

i giorni nei quali

sei soltanto un’orma sulla sabbia

sono proprio quelli

in cui ti ho portato in braccio».

- Margaret Fishback Powers

giovedì 21 gennaio 2010

La vita: il più bel miracolo!

LODIAMO IL SIGNORE E LA SUA MISERICORDIA! LODIAMO IL DIO DELLA VITA E DELL'AMORE

ROMA (20 gennaio) - Elisabeth è nata 15 giorni fa. O 23. Ma il giorno esatto non è importante. Il fatto è che Elisabeth è una neonata fortunatissima, che è stata trovata viva e portata in salvo quando tutti la credevano morta il 12 gennaio, il giorno stesso del terremoto.

Anche la sua mamma non aveva speranza, anche il nonno pescatore pensava che non avrebbe più potuto abbracciare quella piccola nuova vita che per pochi giorni gli aveva sorriso. Invece Elisabeth Joassaint, venuta al mondo l'anno scorso in dicembre (forse il giorno di Natale - sussurra qualcuno - il giorno in cui è nato Gesù) non ha ceduto: aveva fame, aveva sete, ha pianto tanto ma il suo piccolo cuore ha continuato a battere, i suoi polmoni hanno trovato l'ossigeno che le bastava.

E oggi è diventata uno dei miracoli di Haiti, il più piccolo e il più grande nello stesso tempo, di certo il più commovente. Il ritrovamento della neonata viva ha dell'incredibile. Con soddisfazione i giornali online di mezzo mondo oggi hanno raccontato la sua storia.

A Jacmel, località a pochi chilometri da Port-au-Prince, i soccorritori avevano deciso che lì non c'era più nulla da cercare, che quella casa ormai ridotta in macerie doveva essere demolita completamente. A guardare non c'era nessuno: la mamma della bimba, Michelene, di 22 anni, e il nonno Michelet, 47 anni, pescatore, avevano trovato riparo in una tendopoli tirata su nel rettangolo di un campo di calcio fuori città. Ma c'è stato un suono che ha bloccato tutti. E invece di demolire, gli uomini hanno cominciato a scavare, piano ma decisi, verso quel suono.

La neonata era ancora sul letto crollato al piano terra dal piano superiore con tutto il pavimento, tra materasso e lenzuola che le avevano dato riparo in tutti questi giorni. Ora è in un lettino di un ospedale da campo. La giovane mamma le tiene la mano. Dice: «Dio ha avuto pietà» e racconta di come l'aveva messa sul letto al primo piano ed era scesa a sistemare di sotto quando c'è stata la prima devastante scossa. Ha gridato, ha tentato di risalire ma la scala è crollata, le pareti si stavano sbriciolando. È uscita, è scappata. Ora guarda Elisabeth con gli occhi di chi ancora non crede. Accanto a lei suo padre, il nonno. «È stato Gesù - dice il pescatore - È stato lui a non volere che la piccola morisse».

martedì 19 gennaio 2010

ancora una riflessione Eluana

Nelle carte il gelo di un'agonia procurata e nude verità

Eluana non era «devastata» ma è stata straziata

di Lucia Bellispiga

© Avvenire - 14 gennaio 2010 - pagina 2

«In data 9 feb braio il cadavere del la signorina E luana Englaro veniva trasferi to all'obitorio della 'Quiete' su barella in ac ciaio. Trattasi di cadavere fem minile, della lunghezza di circa 171 centimetri, del peso di 53.5 chili, cute liscia ed elastica, ca pelli neri... Entrambi i lobi pre sentano un foro per orecchini. Indossa una camicia da notte in cotone rosa». Il resto ve lo rispar miamo. Dura 133 pagine la 'Re lazione di consulenza tecnica medico-legale', letta la quale il gip di Udine l'altro giorno ha de finitivamente stabilito che il tut to è avvenuto 'regolarmente'.


Un testo che si regge a fatica e che toglie il sonno, e non tanto nelle pagine dell'autopsia, quan do ormai Eluana è morta, ma in quelle tragiche, disumane dell'agonia, quando era viva e nelle stanze udinesi della 'Quiete' la si faceva morire.

Ora lo sappiamo: nei giorni e nelle notti in cui alla giovane donna venivano sottratti l'acqua e il nutrimento (il sostegno vita le, lo chiama il documento), l'é quipe del dottor De Monte sede va accanto a lei e la osservava, prendeva appunti, diligentemente compilava di ora in ora la 'Scheda di rilevazione degli ele menti indicativi di sofferenza'.


Una crocetta alla voce 'respiro affaticato e affannoso' ne indica frequenza e durata, un'altra rile va 'l'emissione di suoni sponta nei', un'altra ancora i singoli la menti sfuggiti a Eluana 'durante il nursing', ovvero mentre le ma ni di medici e infermieri nulla 'potevano' per salvarle la vita e dissetarla (il Protocollo parlava chiaro, e loro erano lì per appli carlo, volontari), ma sul suo cor po continuavano a operare quel le piccole attenzioni richieste dallo stesso Protocollo: 'Si pro cederà all'igiene giornaliera di routine al fine di garantire il de coro...'. Il decoro.


Sono pagine meticolose, capilla ri. Gelide. Il 3 febbraio, primo giorno di ricovero alla 'Quiete' di Udine (nel cuore della notte la giovane era stata prelevata da un'ambulanza e strappata alla clinica di Lecco dove viveva da quindici anni), la voce di Eluana si è sentita sette volte, e l'équipe solerte le ha annotate tutte. I suoni si moltiplicano il 4, e poi il 5, finché il 6 (all'alba di quel giorno si è smesso definitiva mente di nutrire e dissetare la giovane) la mano di un'infermie ra scrive per la prima volta: 'Sembrano sospiri'. E forse lo sono, se il giorno 7 cessano an che quelli. Eluana morirà im provvisamente già il 9 febbraio alle 19 e 35, senza più la forza di gemere: 'nessun suono', ma ore e ore di 'respiro affaticato e af fannoso'. Nei palmi delle mani, strette, i segni delle sue stesse unghie.


Ancora più esplicite le pagine del diario clinico di quei sette giorni udinesi, racconto di un'a gonia che inizia sull'ambulanza, quando il dottor De Monte an nota la terribile tosse che scosse Eluana, e prosegue con asettico cinismo: Eluana si lamenta, E luana non ha quasi più saliva, non suda nemmeno più, le mu cose si asciugano, 'iniziata umi­dificazione', 'idratata la bocca', 'frizionata su tutto il corpo con salviette rinfrescanti'. Il decoro.


L'igiene. C'è anche lo spasmo con cui la prima notte arrivò a e spellere il sondino: allora lo scri vemmo e ci diedero dei bugiar di... 'Non eseguito cambio pan nolone perché non urina più': è il giorno della morte. Tutto rego lare, dicono i magistrati, tutto perfettamente annotato. A parte quella mezzoretta tra il decesso e la registrazione dell'elettrocar­diogramma, un 'ritardo dovuto alla difficoltà di reperimento del lo strumento', scrive il capo dell'équipe... A parte, ancora, quelle tre ore che l'8 febbraio, il giorno prima della morte, in pie na agonia, una giornalista di Rai 3 Friuli e un fotografo trascorro no nella stanza di Eluana ripren dendone gli affanni.


Ci avevano detto che Eluana non avrebbe sofferto, e veniamo a sa pere che morì tra gli spasmi, con 42 di febbre. Che da molti anni pesava 65 chili. Che risultava «obiettivamente in buone condi zioni generali e di nutrizione, con respiro spontaneo e valido, vigile durante buona parte della giornata». Che da due anni ave va di nuovo «il mestruo». Che l'alimentazione col sondino «non aveva mai dato complican ze » e i «parametri vitali si erano sempre mantenuti stabili, la pa ziente non ha presentato mai patologie ad eccezione di spora diche bronchiti-influenzali, prontamente risolte con antipi retici ». Ce l'avevano descritta co me un corpo 'inguardabile', u na vista 'devastante, piagata dal decubito, magra come uscita da un campo di concentramento'.


È pure calva, aggiunse Roberto Saviano... 'Ha capelli neri, cute liscia ed elastica, corpo normale, nessun decubito', recita ora l'autopsia. Ma lo attesta il perito: «Le disposizioni sono state mi nuziosamente seguite».